"Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce" ☺ B. Pascal ☺
lunedì 7 dicembre 2009
"ora é il momento di ricostruire...“, Laura
Ho letto ora tutte le mail, le lettere, i documenti, i riassunti delle riunioni inviati.
Forse é tardi per dire la mia, e mi scuso, qui in Camerun spesso abbiamo problemi con internet.
Ho letto le due posizioni. E, ho parlato anche direttamente con Auremir anche se questo é successo all’”inizio” del problema.
Alcune persone che sono nella lista dei soci e dei ex-soci non le conosco, nemmeno di vista. Altre si’.
Purtroppo credo di non avere il quadro completo della situazione, con tutti i dettagli perché dalle mail arrivate non é possibile averlo, ed ho come l’impressione che anche una buona parte delle persone della lista non sia ancora riuscita, nonostante i vari incontri e le varie comunicazioni, ad avere un vero quadro della situazione, un quadro completo, con tutti i dettagli.
Ho letto pero’ una cosa che accomuna tutte le posizioni: l’attacco e la difesa. Sembra una situazione di guerra, dove ogni parte in gioco lancia l’attacco e sta in posizione di vantaggio, ogni parte in gioco lancia la difesa, e sta in posizione di svantaggio... e poi ad un certo punto, il tutto si ribalta, all’opposto. E poi ci sono effimeri trattati di tregua e di pace. E poi ricomincia di nuovo, e si ribalta di nuovo. Fino a quando? Fino a che una grossa bomba non farà esplodere tutto. Allora la guerra sarà finita. E insieme alla guerra sarà finito tutto quanto.
Ho lasciato l’associazione ormai tanti anni fa. Allora ero ancora “una bambina”, aveco poche idee chiare nella mia testa, avevo poche competenze per poter comprendere tutte le dinamiche e avevo poche esperienze.
Ricordo bene pero’ le ragioni per cui avevo lasciato l’associazione, anche se forse non le ho mai spiegate a nessuno di voi, se non averne parlato, ai tempi con i miei genitori. E ricordo bene l’occasione in cui ho deciso di lasciare l’associazione. Si discuteva sulla costruzione dei primi laboratori. Da quel giorno tanto tempo é passato, tante situazioni si sono succedute e tante cose sono sicuramente cambiate. Ricordo bene pero’ che quel giorno ero rientrata a casa dalla riunione molto arrabbiata perché sentivo che dall’Italia si prendevano decisioni che non spettavano all’Italia. Perché mi sembrava che alcune opinioni fossero meno rilevanti di altre e, che le opinioni meno rilevanti, erano quelle delle persone che erano state in Brasile, che avevano vissuto la realtà di là. E, nella mia testa, quelle sarebbero dovute essere le opinioni puiù rilevanti.
Ero ancora una bambina, e non potevo capire davvero il fondo di tutto quello su cui si discuteva. E pensavo che la mia opinione, in quelle discussioni, non poteva avere valore. In fondo ero tra i soci solo perché ero stata due volte in Brasile, alla scuola.
Ora sono in Camerun da 5 anni, vivo in una missione, gestisco progetti, gestisco finanze, amministrazione, personale, didattica. E conosco bene questa realtà, che seppur diversa sotto alcuni aspetti, dal Brasile che ricordo, vi ho sempre trovato anche moltissimi aspetti in comune. Tutti quegli aspetti che accomunano questi Paesi ancora colpiti da situazioni che noi, in Italia, possiamo solo immaginare e vedere alla televisione. E’ diverso. E’ molto diverso toccarle con mano.
Ed é molto diverso gestire soldi dall’Italia per aiutare questi Paesi rispetto al gestire gli stessi soldi qui, davanti a queste persone.
Nelle mie diverse esperienze, in Brasile, in India ed ora qui in Cameroun, ho incontrato diversi tipi di “occidentali”, che lavorano in questi Paesi o che lavorano dall’Europa per questi Paesi. C’é il missionaro, l’imprenditoré, il cooperante, il turista e l’Uomo. Queste categorie non le elenco nel senso di “professione” ma nel senso più profondo di attitudine interiore.
Quello che voglio dire é che un prete missionari non é per forza un missionario di attitudine interiore, come dice il termine, e che un’imprenditore di una grande azienda petrolifera non é obbligatoriamente un imprenditore nel suo vivere. Quello che conta non é il ruolo o a funzione che si ha, ma l’attitudine interiore, il modo di relazionarsi con le persone.
Il turista non ha relazioni, osserva l’ambiente, il paesaggio, il folclore, si stupisce per le case di paglia, per le fogne per strada, fotografa tutte le danze tradizionali, soprattutto quelle in cui si mostrano quelle belle immagini stereotipate (gonnelline di piume, seno nudo, etc). E interviene con frasi del tipo “ora riparto per il mio Paese civilizzato”. Come se invece questi paesi fossero incivili. Il turista non crea relazioni.
Il missionario ha un grande cuore e fa quello che voi chiamate “assistenzialismo”, fa grandi costruzioni, dà lavoro, crea servizi. Ma sta sempre nella sua alta posizione, scende poco nel cuore della gente. Ha tutta una serie di idee precostituite su come gestire la sua vita e la vita degli altri, su cosa é giusto e su cosa é buono. Fatica a calarsi nella cultura del post per comprenderne le dinamiche, anche se vorrebbe farlo. E non riesce ad immaginarsi questi posti senza il suo intervento. Difficilmente dice no. Ma allo stesso modo difficilmente crea situazioni e contesti che in un futuro potranno “autogestirsi”. Ha potere monetario. Crea relazioni unidirezionali, di dipendenza.
L’imprenditore é il potere dei soldi. L’imprenditore non guarda in faccia a nessuno e a niente. Ha il suo obiettivo e quello deve raggiungere, con il minimo costo e il massimo dei profitti. L’imprenditore ha il comando, ha le conoscenze, ha la posizione sociale che mette in bella mostra per avere davanti a lui e sotto di lui una serie di persone in ginocchio. Attira con l’inganno di una migliore vita futura. Ma poco gli importa, la vita futura degli altri. La sua logica di ragionamento é esclusivamente quella del budget. Crea relazioni unidirezionali, di sottomissione e di potere.
Il cooperante sogna. Sogna un mondo migliore, sogna un mondo più giusto, sogna relazioni paritarie, sogna sviluppo secondo i criteri locali di sviluppo. Lavora per questi sogni e si perde nei suoi sogni senza tener conto della realtà. Rifiuta il mondo occidentale e si immerge nella realtà locale, pensando di poter essere e vivere come loro, e nello stesso tempo sapendo che non lo sarà mai. Finisce per essere disadattato in entrambi i posti, ma continua a sognare e non si arrende. Crea relazioni di diverso tipo e spesso cerca se stesso in queste relazioni.
E infine c’é l’Uomo. L’Uomo che in quanto tale crea relazioni perché é lo scopo profondo della sua esistenza. L’uomo che lotta con il suo io e che cerca di comporre i pezzi del puzzle del mondo e della vita. L’uomo con le sue certezze e le sue contraddizioni, con le sue capacità e i suoi errori.
L’Uomo che che si guarda intorno da turista per scoprire.
L’Uomo che ha un cuore grande e non sa dire di no.
L’Uomo che deve fare sempre purtroppo i conti con i soldi.
L’Uomo che sogna un mondo migliore.
L’Uomo che vive.
L’Uomo che sbaglia perché crede di fare una cosa buona.
L’Uomo che perde la rotta di quello che é giusto.
Questo é l’Uomo. E molto altro.
Io mi chiedevo, mentre leggevo tutti i documenti. In quale attitudine mentale, spirituale, comportamentae ed esistenziale vogliamo collocarci tutti? In quale vi state ritrovando ora?
Poco importa quella in cui vi ritrovate, leggendo le vostre parole, importa che la riconosciate e che sappiate a quale di tutte queste volete tendere. Cosa volete per voi stessi? Cosa vogliamo per noi stessi? E cosa volete per l’associazione? Qual é l’attitudine interiore che l’associazione vuole avere?
Scusate, queste sono le mie “categorie”, non é detto che siano queste per tutti, o che tutti le intitolino allo stesso modo. E non é detto che sia obbligatorio entrare in una di queste. Sto solo sviluppando un pensiero. E non rivolgo il pensiero ad una sola delle due parti in gioco, lo rivolgo ad entrambe le parti.
Non posso valutare la realtà dei fatti perché é da tanto che non vedo le cose come sono in Brasile, é da molto che non partecipo ad incontri, perché é normale che entrambe le posizioni “tirino acqua al proprio mulino”, perché non si puo’ capire una situazione finanziaria da degli stralci di documenti, bisognerebbe averli per intero i documenti. E perché non si puo’ ccomprendere nel profondo le scelte di una persona senza aver vissuto le stesse situazioni, nelle stesse identiche condizioni.
Ma cosi’ vi state solo facendo del male. A voi stessi e reciprocamente.
Ho apprezzato molto il signor Edoardo, lui pone domande. A voi e sicuramente anche a se stesso. Ho letto pero’ poche risposte alle sue domande (ma il fatto che ilo non le abbia lette non significa obbligatoriamente che non ci siano state). Ma mi sembra una buona posizione. Fatevi domande, insieme, e datevi delle risposte, insieme. Domande profonde e risposte profonde. Non accuse, non colpi, non difese.
Tutto questo non mette in dubbio che, nonostante non apprezzi quello che entrambe le parti stanno scrivendo e soprattutto il modo in cui lo scrivono, la mia fiducia in Auremir non cambia e mai cambierà e che credo che l’associazione italiana stia cercando di lavorare al meglio delle sue possibilità e che quello che desidera sia il bene della Favela Garibaldi.
Avete già distrutto, ora é il momento di ricostruire.
Questo vorrebbe suor Giuliana. E so che questo é quello che anche tutti voi desiderate.
Con affetto
Laura
lunedì 2 novembre 2009
PORT APPIN, edo
Di fronte al molo c’è un sea food restaurant consigliato dalla guida per i suoi piatti di pesce e per il suo servizio di classe. Ci siamo andati dopo cinque giorni di self catering con le provviste incettate alla coop di Brodick. Non avevamo prenotato, per cui ci hanno assegnato un posto nell’antisala, la cosa non ci ha impressionato più di tanto, visto che la sala era gremita di vecchiume danaroso e supponente. Dal pieghevole abbandonato con astuta nonchalance sul tavolo, apprendiamo che il locale appartiene ad un certo Mc Ross che lo ha aperto non più di un anno fa ed ha già vinto una mezza dozzina di premi da non ben precisate associazioni di vivandieri e ristoratori - ci siamo chiesti quanti pranzi offerti alle giurie gli saranno costati - e che usa esclusivamente prodotto freschi di produzione locale. Abbiamo anche appreso, ma questo sul pieghevole non era scritto, che le porzioni sono da Nouvelle Couisine ed i prezzi inversamente proporzionali alle porzioni. Carol è uscita a fumare per non vedere il conto, chè, ha chiarito, le avrebbe fatto andare di traverso le langoustine, che poi, ha aggiunto, non sono altro che i nostri scampi solo più piccoli, che da noi costano un capitale, per carità, ma come fa quello a mangiarle con forchetta e coltello, e si riferisce allo spilungone del tavolo accanto, che sta cenando con una lei che non si capisce - si accettano scommesse - se sia sua madre o la sua “signora”. Il depliant invece descrive con dovizia di particolari le attrazioni dell’hotel annesso, comprese le tariffe per camera, nessuna al di sotto dei centoventi pounds a notte. Ma quello che ci lascia affranti è scoprire che agli ospiti dell’albergo è riservato il privilegio di tenere con sé il cane, pagando, è ovvio, una tariffa extra di quindici pounds a notte: noi ne paghiamo dodici per dormire allo yh di glencoe. Così va la vita…
lunedì 19 ottobre 2009
LA GRANDE MELA 3, carmen
Oggi dopo la partenza ieri di Brenda ho visitato e vissuto una città diversa.
Il punto di vista di quelli che sono lontano dalle strade per turisti,
nella citta dei New Yorker.
Sono stata tranquilla nella sala caffè dell'hotel a riordinare il tutto
e sopratutto ad aspettare che il sole riscaldasse la mattinata.
Non è stato così, il sole è andato via: anche oggi per cui è freddo.
Mi sono coperta e ho iniziato a camminare per i block
guardando tutto con attenzione.
La città a quest'ora è popolata in ordine:
da dog-sitters in quantità, escono dagli edifici con tre quattro cani
di diversa razza e taglia al guinzaglio. Ne ho incrociati una trentina,
poi ci sono le babysitter, decine di signore con bimbi in carrozza.
Qualcuna sarà stata anche una mamma, ma erano tutte olivastre di carnagione
non così i bambini che portavano in giro. Ho dedotto saranno babysitter!
Davanti alle scuole in gruppo un bimbo in carrozzina e uno da prendere a scuola.
Ho fatto con loro una foto.
Qui i passeggini sono double seats che non vuol dire che sono per gemelli,
ma una poltroncina regular e una sotto, come i letti a castello.
Quando è freddo, come oggi, i bimbi vengono accomodati sotto e protetti
dalla poltroncina sopra.
Altra scoperta decine e decine di case in vendita.
Quelle on Sale sono tutte preparate, fiori nei vasi, decorazioni di stagione agli ingressi,
pulite e sistemate con cartello ON SALE e il nome dell'agenzia.
Questo la dice tutta sul mercato immobiliare affetto dalla crisi.
La deduzione viene confermata, pochi blocks e ho incrociato più di una ditta di trasporto per traslochi.
Ferme sul ciglio della strada "they move", le famiglie americane che lasciano le abitazioni
per trasferimento, vendita o chissa!
Sono passata davanti a diverse scuole, tutti gli scuolabus fermi ad attendere
l'uscita dei bimbi delle elementari, ogni bus per bimbi normodotati ce n'era uno per bimbi
con disabilità, tutti in fila 4 o 5 bus.
I babysitter o i genitori dei bimbi all'asilo, 3 bambi a testa accompagnavano i piccoli
al parco giochi di Central Park nonostante il tempo frizzante e le nuovole.
E il vento...! Dicono che Chicago sia the windy city, ma NYC non scherza.
Vento freddo che scende da Nord.
Do not Honk - cartelli a ogni angolo. Significa " non usare il clackson, quelli che lo
fanno vengono multati con 350 dollari.
New York sembra una città molto sicura, pulita.
Mi fermo in un negozio è diverso... da noi non ne ho visti.
E' un negozio di arts and crafts per tutti.
Fanno anche corsi e ti insegnano a modellare la creta, a dipingere, vendono modelli da
completare con colori o con pietre. Io scelgo delle pietre e mi accomodo in un banchetto
e mi danno il necessario per creare dei ciondoli senza addebito, paghi solo le pietre.
Alle mie spalle una babysitter o una mamma che intrattiene la sua piccola mentra colora dei cutout
Colore ovunque: a terra, sui muri, sui phon che servono ad asciugare la creta, l'acquarello...
Troppo simpatico questo negozio. Il proprietario sta partendo per l'Italia.
Attacco briga e gli dico che mi piacerebbe avere un negozio così in Italia.
Non si fanno grandi affari oggi a New York dice, lui stà partendo per l'Italia in Puglia
per un ciclotour.
Central Park è un immenso giardino, un parco con lago nel cuore della città.
Faccio una passeggiata, alcune recinsioni delimitano dei prati, altri invece sono aperti.
Vado avanti e mi rendo conto che anche nelle recinsioni ci sono dei varchi.
Leggo un cartello e scopro che i varchi vengono aperti a turno,
il cartello dice infatti di proteggere il parco e usare gli accessi ai prati a mezzo dei varchi,
regolano le entrate così da non camminare sempre negli stessi punti.
Central Park è anche l'unico parco che ho visto con i semafori.
Ci sono strade per macchine ad accesso limitato, piste ciclabili, promenades.
Tutto organizzato e sistemato.
Pulito e sicuro. Sicuro si ma solo di giorno.
Di notte Central Park è OFF LIMITS.
Godetevi le foto di questa giornata.
sabato 17 ottobre 2009
Corteo a Roma contro razzismo e omofobia
Saranno i sottoscrittori dell'appello tutti idioti comunisti, come ama definirli il pdc di questo nostro sventurato Paese?
Appello alla partecipazione
L'introduzione del reato di immigrazione clandestina, il prolungamento della detenzione amministrativa e l'ulteriore limitazione della possibilità per i migranti di accedere a servizi fondamentali accentuano in maniera drammatica la curvatura proibizionista e repressiva delle politiche migratorie del nostro Paese. Ad essere travolti sono i principi fondamentali di eguaglianza e di solidarietà che costituiscono il cuore della nostra carta costituzionale. Punendo la condizione di irregolarità in quanto tale – e senza prevedere vie praticabili di uscita da tale situazione - si crea nel sentire collettivo l'immagine del migrante come nemico nei cui confronti tutto e' lecito e possibile, anche la delega della sicurezza pubblica ai privati, organizzati in ronde e organizzazioni consimili. Così si apre la strada - come molti fatti di questi giorni dimostrano - a una società razzista, dominata dall'intolleranza e dall'odio.
Il nostro Paese ha già vissuto la vergogna delle leggi razziali: non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo. E' lo stesso sistema democratico nato dalla Resistenza contro il fascismo e scritto nella Costituzione ad essere in pericolo. A fronte di ciò e' necessaria una reazione forte e consapevole che coinvolga le coscienze individuali e collettive, i cittadini e le organizzazioni democratiche nella loro pluralità e differenza.
Occorre dare visibilità a chi crede nella giustizia, nella uguaglianza, nella pari dignità di tutti. Occorre impedire che il razzismo dilaghi alimentando, per di più, il senso di insicurezza e di paura. Occorre che i migranti, venuti in Italia per costruire il loro futuro e quello dei loro figli trovino nel nostro Paese valori di giustizia, di accoglienza e di solidarietà.
Per questo ci auguriamo che la manifestazione nazionale antirazzista, promossa per il 17 ottobre a Roma da un larghissimo schieramento di forze sociali e politiche, sia animata da una grande, plurale e unitaria partecipazione.
Fermare il razzismo, modificare la disciplina dell'immigrazione, assicurare la possibilità di soggiorno e il godimento dei diritti sociali, civili e politici alle lavoratrici e ai lavoratori stranieri rappresentano una priorità per salvare la nostra democrazia.
Simonetta Agnello Hornby, Stefano Benni, Giorgio Bocca, Andrea Camilleri, Luigi Ciotti, Cristina Comencini, Erri De Luca, Carlo Feltrinelli, Inge Feltrinelli, Luigi Ferrajoli, Dario Fo, Marco Tullio Giordana, Margherita Hack, Gad Lerner, Fiorella Mannoia, Guido Neppi Modona, Moni Ovadia, Livio Pepino, Franca Rame, Stefano Rodota', Igiaba Scego, Antonio Tabucchi.
venerdì 9 ottobre 2009
LA GRANDE MELA 2, carmen
giovedì 8 ottobre 2009
DOVE E' NATA LA COSTITUZIONE, Pietro Calamandrei
mercoledì 7 ottobre 2009
DALLA GRANDE MELA 1, carmen
lunedì 5 ottobre 2009
Biondo cuore, Daniela
martedì 29 settembre 2009
MARCIA CON NOI
Con il 10% delle spese per armamenti si potrebbe risolvere il problema della fame nel mondo.
2 Ottobre 2009, parte da Wellington in Australia,
Gli obiettivi della marcia riguardano il disarmo nucleare a livello mondiale, il ritiro delle truppe d’invasione da territori occupati, la riduzione degli armamenti convenzionali, la realizzazione di accordi e trattati di non aggressione fra paesi, la rinuncia dei governi a utilizzare la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti.
Alla marcia aderiscono oltre a migliaia di cittadini comuni, organizzazioni, istituzioni, personalità del mondo della cultura, della scienza, della politica.
Sono obiettivi troppo ambiziosi? Forse , ma con la disobbedienza civile, pilastro della pratica non violenta di Gandhi, è possibile un impegno concreto a favore del processo di pace. Se una legge è iniqua è obbligatorio disubbidire. La legge sul reato di clandestinità non solo è iniqua ma è una barbarie giuridica e civile perché criminalizza i migranti che cercano di sfuggire alla morte per miseria.
Opporsi al reato di clandestinità è dunque un obbligo morale di chi lavora per la pace.
Per partecipare alla marcia o alle iniziative previste in italia consultare il sito : www.marciamondiale.org
sabato 5 settembre 2009
NON POSSIAMO PIU' STARCENE CON LE MANI IN MANO, di Alex Zanotelli
Settantatre eritrei sono lasciati morire di fame e di sete mentre tentano di attraversare il Mediterraneo per arrivare sulle nostre coste. Né il governo italiano né quello maltese li soccorrono! Questo è un crimine contro l’umanità che si può spiegare solo con l’abbrutimento delle nostre coscienze. E’ sangue innocente , sangue dei ‘dannati della storia’.
Abbiamo appreso questa notizia assurda , l’ultimo giorno del campo di lavoro GIM (Giovani impegno missione): " In ascolto degli immigrati" ,a Castelvolturno (Caserta),che è diventato il simbolo di come trattiamo e sfruttiamo gli immigrati. Abbiamo potuto toccare con mano come gli oltre cinquemila immigrati lungo il litorale domizio vivano in condizioni disumane sia per quanto riguarda le loro case che per il loro lavoro. Abbiamo colto la loro rabbia (è rabbia quella che si coglie negli occhi e nelle parole degli africani!) sia incontrandoli e parlando con loro per strada, sia nelle serate al Campo. Con loro abbiamo visto il documentario" Come un uomo sulla terra ", una forte denuncia di come i libici trattano gli africani :altro capitolo vergognoso di questa tragica storia d’Africa. Dopo aver visto quell’agghiacciante documentario, gli africani ci hanno raccontato quello spaventoso viaggio della morte per arrivare in Libia: i fuggiaschi dell’Africa Orientale via Khartoum ( Sudan), quelli dell’Africa Centrale via Agadez ( Niger). Molti i morti in quella traversata. E chi raggiunge la Libia, lo aspetta una vita d’inferno per pagarsi il viaggio sulle ‘zattere del mare’! E’ un esodo apocalittico questo da un’Africa che sprofonda sempre di più nella miseria ( la Banca Mondiale afferma che 280milioni di africani vivono con meno di 75 centesimi di euro al giorno! ).E il nostro governo risponde a questa tragedia, tagliando i fondi ai paesi impoveriti (nonostante tutte le promesse fatte a L’Aquila durante il G8 ) e infischiandosi dei diritti umani in Africa. L’esempio clamoroso di questo è il nostro appoggio alla terribile dittatura di Afeworki ( ecco il perché della fuga degli eritrei).Lasciarli morire a mare è il massimo dell’ingiustizia. Lo stesso vale per la politica estera italiana nei confronti della Libia di Gheddafi, la più longeva dittatura del continente. L a visita ora di Berlusconi a Tripoli a bordo delle frecce tricolori è un insulto alla violazione dei diritti umani in quel paese e al genocidio in atto nel Mediterraneo. In questo mare infatti, secondo la stima del giornalista di La Repubblica ,G. Visetti, sono già morti dal 2002 al 2008 42mila uomini e donne con una media di una trentina di annegati al giorno! E’ questo il più grande genocidio europeo dopo quello della Shoah:sono esseri inutili ed esclusi dal sistema. Sono in più, non servono al mercato (è la UE dei mercati o dei popoli)? Sono gravi le responsabilità della UE con il Frontex !
Ha ragione Marina Corradi a ricordarci su Avvenire l’indifferenza dell’Europa 65 anni fa di fronte al genocidio degli ebrei considerati untermensch, sotto-uomini. Con la stessa indifferenza oggi assistiamo noncuranti alla morte di migliaia e migliaia di immigrati, che per noi sono sotto-uomini. Il vocabolario e il razzismo leghista trionfano e diventano la nuova cultura italiana. E questo gli immigrati lo sentono. E questo si trasforma in rabbia.
A Castelvolturno, abbiamo visto negli occhi degli africani tanta ’rabbia’ contro un paese come l’Italia che ritenevano ospitale, ma che ora si mostra sempre più razzista e xenofoba. Rabbia contro il Pacchetto Sicurezza di Maroni che criminalizza il clandestino .Rabbia contro un decreto che obbliga così tanti immigrati malati a non farsi curare in ospedale. Rabbia contro la costruzione di 10 nuovi CIE ( Centri di identificazione ed espulsione), vissuti da loro come veri lager. Rabbia contro la sanatoria di colf e ‘badanti’( che brutto vocabolario!), lasciando da parte i lavoratori, in particolare i braccianti che lavorano spesso in nero,per 8-12 ore sotto il sole. ( E’ possibile che noi italiani abbiamo già dimenticato che siamo stati anche noi ‘forestieri in terra di Egitto’,dove abbiamo sperimentato anche noi l’emarginazione, il disprezzo e l’oppressione? )
Siamo grati che gli organi centrali della Chiesa e tanti vescovi italiani, abbiano preso posizione in difesa degli immigrati. Ma la situazione è gravissima : è in ballo la stessa democrazia e per i cristiani la nostra stessa fede. Infatti il Dio in cui crediamo è il Dio degli stranieri, dei forestieri, delle vedove e degli orfani e ascolta il loro grido. Avranno ora i nostri pastori il coraggio di chiedere la disobbedienza civile di fronte a leggi ingiuste, razziste e razziali, come il cardinale di Los Angeles R. Mahony aveva minacciato di fare nel 2006 , in situazioni analoghe ,negli USA?
Non possiamo più starcene con le mani in mano. Dobbiamo parlare, gridare, agire tutti insieme ,al di là di fedi e di ideologie.
firmato da :
Alex Zanotelli, Domenico Guarino (Missionari Comboniani-Rione Sanità –Napoli)
Missionari Comboniani Castelvolturno, Padri Sacramentini- Caserta
Missionarie Comboniane- Torre Annunziata
Suore Orsoline – Casa Rut -Caserta
Padre Fernando Zolli- Missionario Comboniano( Fi)
Napoli, 31/08/2009
mercoledì 26 agosto 2009
AI TURISTI PIU' DIRITTI CHE ALLE PERSONE, Edo
"era una notte buia e tempestosa... così inizierebbe snoopy la sua fatica letteraria. Questa no, solo buia senza luna , ma placida, serena. Il traghetto fila liscio, lontana sulla destra puoi intuire la costa pugliese, che solo da qualche ora abbiamo lasciato, per la presenza di luci sull'ombra scura della costa, troppo regolari e basse per essere stelle, eppure quanto le invidiano! La loro presenza parla di luoghi noti, confortevoli, familiari, ti rassicura. Notte serena, nell'aria immobile le luci tremulano vicine abbastanza da poter essere raggiunte anche solo da una piccola barca di pescatori. Luci lontane fisse negli occhi sbarrati sul buio di quel mucchio di stracci stretti a trattenere le voci, il respiro , le domande sussurrate dei piccoli. Laggiù quelle luci promettono vita agiata e protetta dalla miseria, per i tuoi figli mai più ignoranza, né malattia senza medicine, per i tuoi vecchi una fine dignitosa nella loro terra.
Luci ammiccanti come sirene, fra qualche ora spettrali lampioni, scudisciate di fari sull'asfalto, ipnotici lampi sul tetto di auto dalle portiere spalancate. Uomini in divisa ti interrogano, spingono, reclamano un foglio zeppo di segni e di timbri, vogliono esser sicuri che tu esisti, come se non bastasse la tua maleodorante presenza.
Sirene bugiarde, cui hai creduto imbevuto di speranze malriposte. Neppure ti sei girato a salutare la costa che lasciavi, le hai girato le spalle senza neppure uno sguardo. La costa che racchiude , come in un reliquiario, gli affetti tuoi più profondi. La terra dei tuoi antenati. Tanto l'abbaglio di quelle luci bugiarde che neppure ti sei accorto della notte che sta calando sui tuoi diritti, d' ora in poi dovrai nasconderti, non fare rumore, sparire come il sole quando cala dietro l'orizzonte. Ti dranno che sei pericoloso, per te e per i tuoi figli, che sei clandestino, cioè criminale, ti potranno imprigionare senza processo ,colpevole di clandestinità. Nessuno ti dirà che sopra ogni diritto sancito dalle leggi di un luogo esiste un diritto fondamentale della persona umana a muoversi liberamente ed a stabilirsi dove vuole sulla Terra.
Durante questo lungo viaggio siamo approdati e salpati numerose volte. Abbiamo toccato sponde, moli, abbiamo calpestato ghiaia, sabbia, rocce, ci siamo immersi , abbiamo nuotato nelle acque che bagnano queste coste, abbiamo colto frutta, abbiamo respirato l'aria di questi luoghi. Mai nessuno ci ha chiesto chi eravamo, cosa ci facevamo lì. Ma è ovvio, eravate turisti, osserva l'ipocrita osservatore per dire: avevate i soldi per permettervi tutto ciò. E dunque essere turisti , dà più diritti che essere persone. "
lunedì 20 luglio 2009
ABBIAMO PERSO TUTTI, Edo
In questi giorni s'è chiusa una fase fondamentale nella vita dell'Associazione Escola Galli onlus, con le dimissioni della sua direttrice storica Dona Auremir Madeiros. Con la lettera che segue lei rivolge un saluto di arrivederci ai suoi amici italiani ed a tutti i sostenitori dell'associazione. el.
Carissimi amici
Sto scrivendo questa lettera che si propone di essere una lettera di saluto. Ma nonostante quello che può apparire, non voglio che porti tristezza. E’ vero che ho vissuto momenti di molto lavoro, sacrificio e scontro di mentalità, ma incomparabili se paragonati ai momenti di felicità e sentimenti di relazioneche ho avuto. In quest’opera ho imparato molto, e mi ha fatto crescere come essere umano! Per questo il grande sentimento che desidero esprimere, è quello di gratitudine.
Sarò eternamente grata a Dio per aver permesso che io vivessi la meravigliosa avventura di amministrare queste scuole e convivere con la comunità Garibaldi per quindici meravigliosi anni.
Ringrazierò per sempre Suor Giuliana Galli che è stata lo strumento docile nelle mani di Dio insegnandomi e guidandomi. Lei, è stata il mio esempio di donna di fede e lottatrice per il ripristino dei diritti dei poveri abbandonati, specialmente i bambini. Sono e sarò immensamente grata per aver incontrato in Italia persone che hanno avuto fiducia in me e gratuitamente mi hanno adottata e amata profondamente. Ringrazio per ogni gesto di affetto, per ogni abbraccio che ho ricevuto e per ogni sguardo pieno di amicizia e ammirazione, per ogni lettera, e-mails, telefonate e messaggi ricevuti, infine, non vorrei lasciare fuori nessuno da questa corrente d'amore che mi ha fatto diventare una persona migliore, più cosciente e lottatrice per la costruzione di un mondo giusto e pacifico.
Oggi sto lasciando le Scuole Irmà Giuliana Galli. Sto passando il testimone ad una nuova equipe. Prego, perchè faccia molto, molto meglio di quanto sono riuscita a fare io in questi quindici anni. Oggi, silenziosamente esco dalle scuole con un sentimento di dolore e di perdita, ma sarà solo per poco tempo. Non sono sola. Giammai sarò sola. Porto con me, ben conservato nel cuore, lo sguardo spaventato di Gleidon, il bambino che non sapeva abbracciare. Gliel' ho insegnato piano piano, portandolo dolcemente vicino al mio cuore e avvolgendolo con le mie braccia. Lui, ha risposto, prima lentamente poi più forte, fino a che mi ha stretto in un abbraccio lungo, affettuoso, e forte, sciogliendosi in un mare di lacrime. Conservo nel mio cuore lo sguardo di Zeca, drogato, senza denti, ferito dalla polizia e stupefatto perchè io lo abbracciavo lo stesso. Porto nel mio cuore la Branquinha, 27 anni, mamma di sette figli e con una grave malattia alla gamba, ma che sorride di gioia quando mi incontra e non sopporta di vedermi piangere. Quando una volta era presente in un momento che stavo piangendo, si disperava e ripeteva senza fermarsi: "Tu non puoi piangere, tu non puoi piangere, tu no"! Conservo affettuosamente nel cuore il giorno della sepoltura di mia madre, giorno 7 dicembre 2007. Sono arrivata al cimitero, piangevo, quando all'improvviso mi sono sentita abbracciare da Carlos, figlio di Branquinha, che aveva fatto più di otto chilometri a piedi dalla sua casa fino lì per dirmi: "Per favore zia, non piangere. Guarda i pantaloni nuovi che dovevo mettere il giorno di Natale, ho deciso di metterli oggi solo perchè tu sia felice." Porterò con me per sempre l'immagine di Dona Cheguinha, il suo corpo corroso dal cancro e dai dolori fisici. Quando mi sono avvicinata e le ho chiesto se potevamo pregare insieme, lei mi ha risposto: "E' inutile, a Dio io non piaccio. Lei non lo sa, ma ho fatto la prostituta per molti anni." Mai dimenticherò il suo sguardo di sorpresa quando le dissi, con tutta la mia convinzione che Dio la amava lo stesso, così, e che stava aspettandola in cielo per fare una festa. Morì sorridendo. Come dimenticare Conceiçao, che aveva dodici anni e correva per la Favela con la sua figlioletta di due mesi presa da un braccio, dondolandola come se fosse una bambola di pezza? Come posso dimenticare Flavio Fermon, drogato, sporco, con la bava che gli usciva dalla bocca, che diceva:" Io non dovevo essere nato". Ho in mente Angelica, una giovane mamma che ha perso il suo bel bambino, improvvisamente. Lei tremava tutta. Respirava con grande difficoltà. Io l'ho abbracciata e le ho detto:"Piangi Angelica, per amor di Dio, piangi". E lei mi ha risposto: "Non posso. Se io piango bagno le ali del mio angioletto e lui non potrà salire al cielo".
Come posso sentirmi perdente quando sento la Damiana dire:"Non ho potuto approfittare di queste meravigliose scuole, ma qui imparo, e le voglio per mia figlia". Come posso soffrire se vedo i miei ragazzi e ragazze che lavorano costruendosi un futuro, le mamme che si ritrovano tutti i pomeriggi nelle scuole e stanno imparando una professione per guadagnare soldi e generare reddito. Vedere ragazze e ragazzi che frequentano l'università, che costruiscono il bagno nelle loro case...... Come posso lamentarmi quando vado a una messa di ringraziamento per la conclusione delle scuole superiori di un di un ex alunno, orfano, etichettato dai professori come incapace di apprendere, che mi abbraccia e dice: "Grazie zia, perchè tu hai creduto in me e perchè stai usando il profumo che era di mia mamma e che io ti ho regalato.... Non posso piangere. Sarebbe ingiusto lamentarmi.
Ma, nonostante tutto, una tristezza serena m’invade e sento il mio cuore agitarsi quando penso che sto uscendo da quest’opera perchè non sopportavo che i professori ed il personale trattassero i nostri bambini con freddezza, e disamore. Soggetti che erano lì solo per ricevere il proprio salario. Sto uscendo, perchè non sopportavo che un’insegnante per parlare ad un bambino, non si abbassasse al suo stesso livello facendo in modo che i suoi occhi fossero alla stessa altezza di quelli del bambino. Sto uscendo, perchè ho licenziato persone insensibili alle necessità di amore e accoglienza dei bambini e delle loro famiglie. Queste persone, pur avendo interessi contrari, sono state accolte da alcuni dirigenti dell'Associazione italiana e le loro denunce sono state prese per verità assolute. Io e l'equipe che lavoravamo nella verità siamo state vittime di calunnie e di aggressioni gratuite.
Ma penso che le cose dovevano andare così.
Un giorno la verità verrà a galla e io insieme a tutta l'equipe che oggi sta lasciando l'opera, eleveremo a Dio la nostra lode.
Nonostante la tristezza, abbiamo tutta la consolazione di cui abbiamo bisogno e questa consolazione viene dalle Sacre Scritture: " Beati voi quando vi calunnieranno, vi perseguiteranno, e falsamente diranno tutto il male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perchè grande è, la vostra ricompensa nei cieli." (Matteo 5,11)
Grazie e che Dio benedica tutti.
Auremir
lunedì 6 luglio 2009
LETTERA 143 giugno-luglio 2009 , di Ettore Masina
Cerco di dirlo pacatamente, quanto più posso, ma debbo dirlo ad alta voce perché mi accade frequentemente che amiche e amici mi domandino (ed io lo domandi a me stesso) cosa significhi essere cattolico; e ne parlo in pubblico perché oggi più che in tante altre occasioni sento il bisogno di far parte di un gruppo che non accetta di vivere passivamente la storia. E dunque grido: se pensassi ancora, come un tempo, che essere cattolico vuol dire prestare ossequio all’istituzione vaticana (lo stato-Santa Sede, la burocrazia ecclesiastica, il centro di potere che si incarica di tradurre il vangelo in diplomati-chese, sbiadendone il significato), allora preferirei considerarmi cristiano in diaspora, lontano da ogni denominazione. In queste ore, infatti, sono travolto da un sentimento che è più che indignazione o rabbia o sconforto: la parola esatta per qualificarlo è schifo...
il resto della lettera di Ettore Masina la puoi leggere sul sito :
lunedì 25 maggio 2009
IL SEDUTTORE, edo
Lui potrebbe sedere nel consiglio di amministrazione di una multinazionale, non ci sfigurerebbe affatto. Esce dal buio, una camiciola a quadri di cotone leggero che gli lascia scoperti braccia e petto in questa serata piovosa, da brividi. Si siede a gambe larghe di fronte a te, appoggia solidamente i gomiti sul tavolo che vi separa, ripone con calma sulla panca vassoio e straccio, gli avventori sono tutti ormai già serviti. La festa della music-kappelle va lentamente spegnendosi sotto i rovesci di un temporale estivo. La pioggia tambureggia il telo teso sulle nostre teste. I giovanotti ripongono gli strumenti. I krapfen esauriti . Solo qualche pollo rosola ancora al fuoco vivace della griglia automatica. Le famiglie tutte sparite. Dalla cucina sono uscite le cuoche e stanno consumando la cena dopo una giornata massacrante. Pochi bevitori – i più tenaci- si attardano a scolare il loro ultimo –davvero ultimo?- boccale di birra.
Lui ti guarda sornione. Dietro le strette lame degli occhi intravedi a tratti l’azzurro luccichìo dei diamanti di cui discorre con competenza. Te ne descrive le origini, il grado di purezza, le tecniche di taglio ed incespica a volte sulle parole meno comuni nell’accento duro di queste terre. Il suo volto sembra intagliato nel chiaro legno della betulla, pieghe profonde contornano la sua bocca, rughe ondose segnano la fronte ampia che si confonde col cranio quasi del tutto rasato. “ è uomo interessante, molto interessante” - commentasti qualche tempo dopo mentre gustavi una generosa porzione di torta alla panna al Lilium di Sterzing. Lui forse intuì quel tuo pensiero, mentre ti mostrava, disegnandolo sul palmo della mano il taglio “brillante Amsterdam”. Ti avvertiva intanto con voce suadente che lui aveva qualche esemplare molto bello in laboratorio e che se tu avessi voluto un giorno ammirarlo… non dovevi far altro che avvisarlo che lui sarebbe stato lieto di mostrartelo. Nel dire ciò le fessure dinanzi alle sue pupille, irrequiete come scoiattoli in gabbia, si serravano vieppiù, ad affilare la lama del suo sguardo infitta nella tua scollatura. “ ci racconta la sua storia ?” – chiedesti- e lui non si fece pregare. Con frasi brevi, immobili quasi come se le parole appena pronunziate si scolpissero nell’aria, cominciò a narrare di una vita grama, faticosa, distante. Prendeva così forma sotto i nostri occhi la tenacia, l’impegno, la determinazione, l’orgoglio di queste genti di frontiera, figli indomiti di una natura severa, fieri custodi di tradizioni antiche germogliate dalle pieghe di una terra da sempre contesa. Lui non si sofferma però sugli anni bui, di quando ragazzo badava alle bestie su per le malghe, o di quando giovanotto dovette emigrare in un luogo imprecisato della Germania dove imparò a tagliare le gemme, o di quando ritornato nella sua terra, forgiava con le sue mani poderose il cupo metallo in forme vaporose come la nebbia che si leva sul Ridanna nelle fredde mattine autunnali. Questa parte della sua vita più non gli appartiene; ora ama dire, non senza un tocco di civetteria nella voce, del suo piccolo castello appena completato ove la strada si avvolge in ampia curva all’ingresso del paese. Qui verrà il suo nuovo laboratorio, aggiunge – e ti viene da chiedergli, ma quando ti fermerai a godere il frutto dei tuoi lunghi sacrifici?- Poi ti descrive il suo piccolo podere all’Elba, dove ha costruito una casa chè i suoi figli ed i suoi nipoti ci vanno in vacanza d’estate e lui ci ha impiantato una vigna dalla quale ottiene il suo vino. “Dovete venire un giorno a trovarmi – soggiunge - così stappiamo una bottiglia” e ti sfiora le mani quasi a mimare un brindisi segreto. La pioggia non accenna a placarsi, ormai i teli non riescono più a ripararci, siamo rimasti davvero in pochi nella piazza deserta accanto alla chiesa dal tetto aguzzo infitto nelle nubi. Ci salutiamo, ci promettiamo un arrivederci a breve, ci auguriamo a vicenda ogni bene, per quello che i nostri auguri possano valere. Si accomiata e ti dona una bottiglia , è propizia, dice, e col pugno chiuso come se volesse battere nell’aria una porta immaginaria , con gesto rapido, efficace più di mille parole, descrive le virtù portentose del suo contenuto…
domenica 24 maggio 2009
ULTIMA LETTERA AL FIGLIO, di Nazim Hikmet
Non vivere su questa terra
come un estraneo
o come un turista della natura.
Vivi in questo mondo
come nella casa di tuo padre:
credi al grano, alla terra, al mare
ma prima di tutto credi all'uomo.
Ama le nuvole, le macchine, i libri
ma prima di tutto ama l'uomo.
Senti la tristezza del ramo che secca dell'astro che si spegne
dell'animale ferito che rantola
ma prima di tutto
senti la tristezza e il dolore dell'uomo.
Ti diano gioia tutti i beni della terra: l'ombra e la luce ti diano gioia
le quattro stagioni di diano gioia
ma soprattutto, a piene mani
ti dia gioia l'uomo!
giovedì 21 maggio 2009
IN MEMORIA DI... BORSAIO, edo
Monteverde? Dipende dai punti di vista.
Se ti trovi incastrato in grovigli di strade, marciapiedi, semafori , auto in doppia o tripla fila, vetrine ammiccanti, al fondo di uno stretto budello racchiuso da pareti di cemento ed alluminio, allora più che verde ti appare grigio, maledettamente grigio.
Ma se ti inoltri in una delle sue stradine laterali, senza una meta precisa, allora l’animo rinviene dinanzi alle casette contornate da minuscoli giardini e palme ed alberi di limoni odorosi e macchie di buganvillea dagli incredibili colori per questo pomeriggio domenicale a novembre inoltrato. Ti pare di essere in costiera amalfitana.
“Di dove sono io? Sono di Cava dei Tirreni - ci informa Mario, appena conosciuto nel suo minuscolo laboratorio di borse. “ da bambino abitavo in contrada S. , al di qua della strada nazionale, in collina, che quando mi affacciavo alla finestra potevo quasi toccare il mare”.
T’accorgi che gli occhi limpidi gli sorridono al ricordo; non smette però di bucherellare il suo lembo di pelle e vi infila, con gesti misurati e precisi, un lungo filo sottile che si dipana come per magia dalle sue mani veloci.
“Sono borsaio - ci tiene a precisare - non calzolaio, è diverso”. Eppure l’intenso odore di pelle conciata che pervade la bottega è lo stesso che ti stordiva quando , bambino, andavi a ritirare le scarpe riparate da mastro Salvatore, il viso grinzoso , la testa canuta , col martello rapido e le ginocchia strette a trattenere la forma , il lungo untuoso grembiule di pelle che tutto lo fasciava.
“Ho iniziato al nord, in fabbrica; poi me ne sono venuto a Roma dove ho continuato per conto mio; i migliori negozi di via Condotti esponevano in vetrina le borse che io creavo, senza alcuna macchina, solo con le mani. Cos’altro potrei fare alla mia età ? Oggi la gente rincorre guadagni facili e s’improvvisa un mestiere. Io no , io so fare solo questo e non cambierò per null’altro”.
Se ti mostri interessato alle tante borse esposte , ne accarezzi le forme, ne saggi l’odore, ne immagini la funzione, allora lui con discrezione, sottovoce te ne descrive i pregi, te ne svela la storia, insomma te le presenta ad una ad una come se fossero persone care.
“Lei ha un cavallo?” - ti interroga a tradimento- e non lo fa per celia, ma per spiegarti che quella borsa che ha attirato la tua curiosità ( due ampie tasche unite da una robusta tracolla) , gli è stata commissionata per un cavallo, sì per un cavallo, ma che gli è venuta piccola, perché gli è mancata la pelle , e così andrebbe bene anche per un ciuco, purché magro; questa volta t’accorgi che si diverte ad ironizzare perfino su se stesso.
“Da ragazzo ci divertivamo a fabbricare i finimenti e le bardature per cavalli e li facevamo sempre più eleganti. Una volta acconciammo un cavallo in modo davvero vistoso, con un alto pennacchio ritto sulla testa e ci dirigemmo verso Salerno per farlo sfilare sul lungomare; ma arrivati all’altezza della casa del dazio ci fermarono le guardie e ci fecero dieci lire di multa, perché - dissero- il cavallo con quel pennacchio non poteva abbassare la testa e soffriva. Insomma ci multarono per maltrattamento animale.
Oggi le cose sono cambiate, vedete questa - e ci indica una foto in una cornice di pelle, tu pensi voglia mostrarti la cornice finemente lavorata, ma lui si riferisce alla foto che ritrae una belloccia in short e giubbino di pelle, a cavalcioni di una poderosa moto- “Quando ho preparato il vestito per questa” – aggiunge- “qui davanti si radunò una folla così” e raggruppa le dita di entrambe le mani con le palme rivolte al cielo.
“Non stento a crederlo” – penso , scrutando meglio la belloccia; Mario spegne subito ogni entusiasmo quando precisa che della moto parla, e dei finimenti, e delle borse ai lati della sella , e del coprimanubrio, tutti rigorosamente in pelle; insomma la belloccia aveva vinto con quella moto così adornata ben due premi ad un raduno in Francia .
Ti rincresce lasciarlo, ma devi proprio andare, ma verrai a trovarlo di nuovo, prometti prima di uscire.
“mi farà molto piacere”- sorride Mario – “ ma se trovate la porta chiusa perchè sono in giro per commissioni, non mi aspettate”. Solo allora ti accorgi dell’avviso ( in pelle) affisso sulla porta: NON TORNO PRESTO.
“Questo l’ho messo quella volta che mi sono assentato e quando sono tornato mi ha accolto infuriato un mio cliente che è generale in pensione e mi ha fatto un cicchettone. Io gli ho risposto per le rime, sapete; gli ho detto, caro signore, io il militare l’ho fatto tanto tempo fa. Il giorno dopo lui si è scusato, ed anch’io mi sono scusato; ma da quella volta ho cambiato il cartello sulla porta, così quando manco nessuno è autorizzato ad aspettare”.
Insomma nè grigio, né verde questo monte tanto caro a Pasolini; ma multicolore, come l’arcobaleno di emozioni che Mario, borsaio di Cava, ti ha ispirato in questo pomeriggio domenicale di novembre inoltrato.
lunedì 11 maggio 2009
OLIVO GRECO, Daniela
CAREZZATI DAI MARI, OLIVI ALTI DI OMBRA,
SI PREPARANO AD OFFRIRNE ANCHE A QUELLUOMO CHE,
IN SOLITUDINE,
SCRIVEREBBE INTERMINABILI PAGINE SUL SUO QUADERNACCIO.
PIRATA DEI SUOI STESSI SOGNI,
DOVE
SENTORI MARINI,
L’ UOMO AMMALIATO DALL’ESTIVO FIORE APPRODA.
Da IL QUADRO CHE GIRA/ Tre Voci
venerdì 27 marzo 2009
FLODIGARRY 57°40’ lat. NORD, Edo
I capelli un tempo rossi, con gli anni sono diventati di un colore indefinito, non bianchi né grigi, ma di un giallino sbiadito, come stoppa. Gli occhi piccoli , due strette fessure ai lati del naso, la cosa più appariscente del viso. Un crepitare di sillabe arrotate come ruote di carro su selciato sconnesso, scoppi di risa sonore ad ogni battuta, come fucilate. Una profonda, appassionata, religiosa venerazione per l’ambiente naturale e per “mother Scotland” . Ecco chi è Bryan, solitario ostellero di flodigarry, estremo lembo di costa a nord dell’isola di Skye. Ci accoglie, ci coccola, si svela, nell’incerta, cinerea luce di questo interminabile tramonto dilagante nella chiara notte.
Narra di un antico amore smarrito nelle ombre del male oscuro, narra di un nuovo amore al di là dell’oceano, quello che senti frangersi sulle rocce nere della baia. Narra di quando lei s’infuriava se lui dava il benvenuto all’inverno mentre il sole incrociava il solstizio d’estate. Lei diceva che solo un pazzo poteva scambiare le stagioni, ma lui pazzo non era , almeno non in senso astronomico, forse pazzo di lei questo si, ma lei ormai aveva sbarrato ogni porta e la pena per la sua assenza gli martoriava il cuore. Sono andato su google heart e t’ho visto bryan,o almeno così m’è parso. Eri sul prato di fianco alla casa, a recuperare i panni asciugati al vento dell’oceano, come prodiero che agita le braccia forsennatamente per non farsi sfuggire le vele..
mercoledì 25 marzo 2009
LA PIZZA, ORO DI NAPOLI di Giuseppe Marotta
Ah la pizza. E' dolce, è amara, è lunga, è breve, è antica, è nuova, è sicura, è imprevedibile, è pane, è companatico, è superlativamente buona: è la "pizza". Mi piace questo cibo dei poveri, commovente e pieno di simboli come l'ostia. Alla "pizza" potete confidare, mentre la mangiate, qualsiasi cosa; quanto dovete d'affitto perché avete perduto l'impiego, chi avete attirato in un vostro piccolo imbroglio o in che imbroglio siete caduto; tutto potete dirle, tutto. Nessun alimento vi fa compagnia come la "pizza"; è una luna nel piatto, per profonda che sia la notte del vostro appetito potrete sempre, su una "pizza", orientarvi e riprendere il cammino. Di farina, di acqua , di strutto, di pomodoro, di mozzarella e di calore si compone la "pizza": badate, non solo il calore del forno che la stria di lievi bruciature, bensì il calore umano delle dita di chi la prepara. Il "pizzaiuolo" dietro il banco, con che arte e con che amore appiattisce e stende il cubo di pasta: sono piccoli colpi, ora larghi e molli, ora aguzzi e penetranti, delle mani piccole e intelligenti come quelle degli ostretici; poi la candida piattaforma è pronta a ricevere il condimento: il "pizzaiuolo" la picchietta di strutto, vi sparge i triangoletti di mozzarella e un pizzico di formaggio, vi spruzza la salsa e dice: "andiamo con la pala; pronti, andiamo."
Qualche minuto trascorre, infine la "pizza" è nata, trasalisce ancora come nel forno mentre me la depongono davanti sul marmo del tavolino…
Giuseppe marotta
lunedì 16 marzo 2009
COLOMBA, Edo
Ti rifiutasti di spiccare il volo, intimorita da quella folla orante, ciarliera, tanto edificata dalla tua presenza, tu inerme. Ti avevamo riscattato per farti recitare
mercoledì 11 marzo 2009
La ninna-nanna de la guerra, Trilussa
Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna :
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
Che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
Che se regge co’ le zeppe,
co’ le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.
Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili…
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza…
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Ché quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe’ li ladri de le Borse.
Fa’ la ninna, cocco bello,
finché dura ‘sto macello:
fa’ la ninna, ché domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So’ cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe’ quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!
mercoledì 25 febbraio 2009
UDII I VECCHI...di W.B.Yeats
lunedì 23 febbraio 2009
Ci siamo innamorati di una parola: Pace
lunedì 16 febbraio 2009
NON CE' TEMPO X L'AMORE, Edo
Fax, telefono, auto, treno superveloce, aereo... tutto fatto apposta per arrivar prima, per risparmiare tempo. Ma dov'è tutto il tempo risparmiato, chi me l'ha rubato che non mi basta mai?
Non c'è mai tempo, mai. Nè per l'amore, nè per le tenerezze, nè per la gioia, nè per le stelle, nè per i fiori e neppure per le farfalle.
C'è solo tempo per il brusio tedioso della stampante quando martella il foglio di carta, per le iconcine ammiccanti, per gli squilli ipocritamente soft del telefono.
Non c'è tempo per l'amore, nè per i bisbigli nell'ombra, nè per le risate nel bosco, nè per la pioggia addosso, nè per gli spruzzi sugli scogli del mare incollerito.
Non c'è tempo per l'amore; ieri due minuscoli uccelli danzavano nell'aria rincorrendosi fra i rami degli alberi ai margini della strada. Certamente si corteggiavano e all'improvviso, rapiti dal gioco, hanno invaso la strada e li ho sfiorati ed uno di loro l'ho scorto cadere sull'asfalto e rimanere lì tramortito e subito veloci altre auto dietro di me, senza darmi il tempo neppure di pensare.
Pensare a cosa? non c'e tempo per l'amore.
non so cosa sia successo. non voglio saperlo. so solo che amore e morte, sempre danzano insieme. sempre.
Pour qu'une chose soit interessante, il suffit de la regarder longtemp. Flaubert
sabato 14 febbraio 2009
CANTO TRADIZIONALE, Popolo Chippewa
Quando mi sei accanto,
il cuore mi canta:
è ramo danzante,
danzante dinanzi allo Spirito del Vento
nella luna di fragole.
Quando mi guardi corrucciata,
o mia amata,
il cuore mi si fa tenebre,
ombre di nuvole
oscurano
un fiume di splendore.
Ma, appena sorridi,
il sole si leva,
fa simili ad oro
i solchi aperti dal freddo vento
sulla superficie dell’acqua.