"Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce" ☺ B. Pascal ☺

Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce
☺ B. Pascal ☺

lunedì 7 dicembre 2009

"ora é il momento di ricostruire...“, Laura


Ho letto ora tutte le mail, le lettere, i documenti, i riassunti delle riunioni inviati.
Forse é tardi per dire la mia, e mi scuso, qui in Camerun spesso abbiamo problemi con internet.
Ho letto le due posizioni. E, ho parlato anche direttamente con Auremir anche se questo é successo all’”inizio” del problema.
Alcune persone che sono nella lista dei soci e dei ex-soci non le conosco, nemmeno di vista. Altre si’.
Purtroppo credo di non avere il quadro completo della situazione, con tutti i dettagli perché dalle mail arrivate non é possibile averlo, ed ho come l’impressione che anche una buona parte delle persone della lista non sia ancora riuscita, nonostante i vari incontri e le varie comunicazioni, ad avere un vero quadro della situazione, un quadro completo, con tutti i dettagli.
Ho letto pero’ una cosa che accomuna tutte le posizioni: l’attacco e la difesa. Sembra una situazione di guerra, dove ogni parte in gioco lancia l’attacco e sta in posizione di vantaggio, ogni parte in gioco lancia la difesa, e sta in posizione di svantaggio... e poi ad un certo punto, il tutto si ribalta, all’opposto. E poi ci sono effimeri trattati di tregua e di pace. E poi ricomincia di nuovo, e si ribalta di nuovo. Fino a quando? Fino a che una grossa bomba non farà esplodere tutto. Allora la guerra sarà finita. E insieme alla guerra sarà finito tutto quanto.
Ho lasciato l’associazione ormai tanti anni fa. Allora ero ancora “una bambina”, aveco poche idee chiare nella mia testa, avevo poche competenze per poter comprendere tutte le dinamiche e avevo poche esperienze.
Ricordo bene pero’ le ragioni per cui avevo lasciato l’associazione, anche se forse non le ho mai spiegate a nessuno di voi, se non averne parlato, ai tempi con i miei genitori. E ricordo bene l’occasione in cui ho deciso di lasciare l’associazione. Si discuteva sulla costruzione dei primi laboratori. Da quel giorno tanto tempo é passato, tante situazioni si sono succedute e tante cose sono sicuramente cambiate. Ricordo bene pero’ che quel giorno ero rientrata a casa dalla riunione molto arrabbiata perché sentivo che dall’Italia si prendevano decisioni che non spettavano all’Italia. Perché mi sembrava che alcune opinioni fossero meno rilevanti di altre e, che le opinioni meno rilevanti, erano quelle delle persone che erano state in Brasile, che avevano vissuto la realtà di là. E, nella mia testa, quelle sarebbero dovute essere le opinioni puiù rilevanti.
Ero ancora una bambina, e non potevo capire davvero il fondo di tutto quello su cui si discuteva. E pensavo che la mia opinione, in quelle discussioni, non poteva avere valore. In fondo ero tra i soci solo perché ero stata due volte in Brasile, alla scuola.
Ora sono in Camerun da 5 anni, vivo in una missione, gestisco progetti, gestisco finanze, amministrazione, personale, didattica. E conosco bene questa realtà, che seppur diversa sotto alcuni aspetti, dal Brasile che ricordo, vi ho sempre trovato anche moltissimi aspetti in comune. Tutti quegli aspetti che accomunano questi Paesi ancora colpiti da situazioni che noi, in Italia, possiamo solo immaginare e vedere alla televisione. E’ diverso. E’ molto diverso toccarle con mano.
Ed é molto diverso gestire soldi dall’Italia per aiutare questi Paesi rispetto al gestire gli stessi soldi qui, davanti a queste persone.
Nelle mie diverse esperienze, in Brasile, in India ed ora qui in Cameroun, ho incontrato diversi tipi di “occidentali”, che lavorano in questi Paesi o che lavorano dall’Europa per questi Paesi. C’é il missionaro, l’imprenditoré, il cooperante, il turista e l’Uomo. Queste categorie non le elenco nel senso di “professione” ma nel senso più profondo di attitudine interiore.
Quello che voglio dire é che un prete missionari non é per forza un missionario di attitudine interiore, come dice il termine, e che un’imprenditore di una grande azienda petrolifera non é obbligatoriamente un imprenditore nel suo vivere. Quello che conta non é il ruolo o a funzione che si ha, ma l’attitudine interiore, il modo di relazionarsi con le persone.
Il turista non ha relazioni, osserva l’ambiente, il paesaggio, il folclore, si stupisce per le case di paglia, per le fogne per strada, fotografa tutte le danze tradizionali, soprattutto quelle in cui si mostrano quelle belle immagini stereotipate (gonnelline di piume, seno nudo, etc). E interviene con frasi del tipo “ora riparto per il mio Paese civilizzato”. Come se invece questi paesi fossero incivili. Il turista non crea relazioni.
Il missionario ha un grande cuore e fa quello che voi chiamate “assistenzialismo”, fa grandi costruzioni, dà lavoro, crea servizi. Ma sta sempre nella sua alta posizione, scende poco nel cuore della gente. Ha tutta una serie di idee precostituite su come gestire la sua vita e la vita degli altri, su cosa é giusto e su cosa é buono. Fatica a calarsi nella cultura del post per comprenderne le dinamiche, anche se vorrebbe farlo. E non riesce ad immaginarsi questi posti senza il suo intervento. Difficilmente dice no. Ma allo stesso modo difficilmente crea situazioni e contesti che in un futuro potranno “autogestirsi”. Ha potere monetario. Crea relazioni unidirezionali, di dipendenza.
L’imprenditore é il potere dei soldi. L’imprenditore non guarda in faccia a nessuno e a niente. Ha il suo obiettivo e quello deve raggiungere, con il minimo costo e il massimo dei profitti. L’imprenditore ha il comando, ha le conoscenze, ha la posizione sociale che mette in bella mostra per avere davanti a lui e sotto di lui una serie di persone in ginocchio. Attira con l’inganno di una migliore vita futura. Ma poco gli importa, la vita futura degli altri. La sua logica di ragionamento é esclusivamente quella del budget. Crea relazioni unidirezionali, di sottomissione e di potere.
Il cooperante sogna. Sogna un mondo migliore, sogna un mondo più giusto, sogna relazioni paritarie, sogna sviluppo secondo i criteri locali di sviluppo. Lavora per questi sogni e si perde nei suoi sogni senza tener conto della realtà. Rifiuta il mondo occidentale e si immerge nella realtà locale, pensando di poter essere e vivere come loro, e nello stesso tempo sapendo che non lo sarà mai. Finisce per essere disadattato in entrambi i posti, ma continua a sognare e non si arrende. Crea relazioni di diverso tipo e spesso cerca se stesso in queste relazioni.
E infine c’é l’Uomo. L’Uomo che in quanto tale crea relazioni perché é lo scopo profondo della sua esistenza. L’uomo che lotta con il suo io e che cerca di comporre i pezzi del puzzle del mondo e della vita. L’uomo con le sue certezze e le sue contraddizioni, con le sue capacità e i suoi errori.
L’Uomo che che si guarda intorno da turista per scoprire.
L’Uomo che ha un cuore grande e non sa dire di no.
L’Uomo che deve fare sempre purtroppo i conti con i soldi.
L’Uomo che sogna un mondo migliore.
L’Uomo che vive.
L’Uomo che sbaglia perché crede di fare una cosa buona.
L’Uomo che perde la rotta di quello che é giusto.
Questo é l’Uomo. E molto altro.

Io mi chiedevo, mentre leggevo tutti i documenti. In quale attitudine mentale, spirituale, comportamentae ed esistenziale vogliamo collocarci tutti? In quale vi state ritrovando ora?
Poco importa quella in cui vi ritrovate, leggendo le vostre parole, importa che la riconosciate e che sappiate a quale di tutte queste volete tendere. Cosa volete per voi stessi? Cosa vogliamo per noi stessi? E cosa volete per l’associazione? Qual é l’attitudine interiore che l’associazione vuole avere?
Scusate, queste sono le mie “categorie”, non é detto che siano queste per tutti, o che tutti le intitolino allo stesso modo. E non é detto che sia obbligatorio entrare in una di queste. Sto solo sviluppando un pensiero. E non rivolgo il pensiero ad una sola delle due parti in gioco, lo rivolgo ad entrambe le parti.
Non posso valutare la realtà dei fatti perché é da tanto che non vedo le cose come sono in Brasile, é da molto che non partecipo ad incontri, perché é normale che entrambe le posizioni “tirino acqua al proprio mulino”, perché non si puo’ capire una situazione finanziaria da degli stralci di documenti, bisognerebbe averli per intero i documenti. E perché non si puo’ ccomprendere nel profondo le scelte di una persona senza aver vissuto le stesse situazioni, nelle stesse identiche condizioni.
Ma cosi’ vi state solo facendo del male. A voi stessi e reciprocamente.
Ho apprezzato molto il signor Edoardo, lui pone domande. A voi e sicuramente anche a se stesso. Ho letto pero’ poche risposte alle sue domande (ma il fatto che ilo non le abbia lette non significa obbligatoriamente che non ci siano state). Ma mi sembra una buona posizione. Fatevi domande, insieme, e datevi delle risposte, insieme. Domande profonde e risposte profonde. Non accuse, non colpi, non difese.
Tutto questo non mette in dubbio che, nonostante non apprezzi quello che entrambe le parti stanno scrivendo e soprattutto il modo in cui lo scrivono, la mia fiducia in Auremir non cambia e mai cambierà e che credo che l’associazione italiana stia cercando di lavorare al meglio delle sue possibilità e che quello che desidera sia il bene della Favela Garibaldi.
Avete già distrutto, ora é il momento di ricostruire.
Questo vorrebbe suor Giuliana. E so che questo é quello che anche tutti voi desiderate.
Con affetto
Laura