"Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce" ☺ B. Pascal ☺

Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce
☺ B. Pascal ☺

lunedì 25 maggio 2009

IL SEDUTTORE, edo



Lui potrebbe sedere nel   consiglio di amministrazione di una multinazionale, non ci sfigurerebbe affatto. Esce dal buio, una camiciola a quadri di cotone leggero che gli lascia scoperti braccia e petto in questa serata piovosa, da brividi. Si siede a gambe larghe di fronte a te, appoggia solidamente i gomiti sul tavolo che vi separa, ripone con calma sulla panca vassoio e straccio, gli avventori sono tutti ormai già serviti. La festa della music-kappelle va lentamente spegnendosi sotto i rovesci di un temporale estivo. La pioggia tambureggia il telo teso sulle nostre teste. I giovanotti ripongono gli strumenti. I krapfen esauriti . Solo qualche pollo rosola ancora al fuoco vivace della griglia automatica. Le famiglie tutte sparite. Dalla cucina sono uscite le cuoche e stanno consumando la cena dopo una giornata massacrante. Pochi bevitori – i più tenaci- si attardano a scolare il loro ultimo –davvero ultimo?- boccale di birra.

Lui ti guarda sornione. Dietro le strette lame degli occhi intravedi a tratti l’azzurro luccichìo dei diamanti di cui discorre con competenza. Te ne descrive le origini, il grado di purezza, le tecniche di taglio ed incespica a volte sulle parole meno comuni nell’accento duro di queste terre. Il suo volto sembra intagliato nel chiaro legno della betulla, pieghe profonde contornano la sua bocca, rughe ondose segnano la fronte ampia che si confonde col cranio quasi del tutto rasato. “ è uomo interessante, molto interessante” -  commentasti qualche tempo dopo mentre gustavi una generosa porzione di torta alla panna al Lilium di Sterzing. Lui forse intuì quel tuo pensiero, mentre ti mostrava, disegnandolo sul palmo della mano il taglio “brillante Amsterdam”. Ti avvertiva intanto con voce suadente che lui aveva qualche esemplare molto bello in laboratorio e che se tu avessi voluto un giorno ammirarlo… non dovevi far altro che avvisarlo che lui sarebbe stato lieto di mostrartelo. Nel dire ciò le fessure dinanzi alle sue pupille, irrequiete come scoiattoli in gabbia, si serravano vieppiù, ad affilare la lama del suo sguardo infitta nella tua scollatura. “ ci racconta la sua storia ?” – chiedesti- e lui non si fece pregare. Con frasi brevi, immobili quasi come se le parole appena pronunziate si scolpissero nell’aria, cominciò a narrare di una vita grama, faticosa, distante. Prendeva così forma sotto i nostri occhi la tenacia, l’impegno, la determinazione, l’orgoglio di queste genti di frontiera, figli indomiti di una natura severa, fieri custodi di tradizioni antiche germogliate dalle pieghe di una terra da sempre contesa. Lui non si sofferma però sugli anni bui, di quando ragazzo badava alle bestie su per le malghe, o di quando giovanotto dovette emigrare in un luogo imprecisato della Germania dove imparò a tagliare le gemme, o di quando ritornato nella sua terra, forgiava con le sue mani poderose il cupo metallo in forme vaporose come la nebbia che si leva sul Ridanna nelle fredde mattine autunnali. Questa parte della sua vita più non gli appartiene; ora ama dire, non senza un tocco di civetteria nella voce, del suo piccolo castello appena completato ove la strada si avvolge in ampia curva all’ingresso del paese. Qui verrà il suo nuovo laboratorio, aggiunge – e ti viene da chiedergli, ma quando ti fermerai a godere il frutto dei tuoi lunghi sacrifici?- Poi ti descrive il suo piccolo podere all’Elba, dove ha costruito una casa chè i suoi figli ed i suoi nipoti ci vanno in vacanza d’estate e lui ci ha impiantato una vigna dalla quale ottiene il suo vino. “Dovete venire un giorno a trovarmi – soggiunge - così stappiamo una bottiglia” e ti sfiora le mani quasi a mimare un brindisi segreto.  La pioggia non accenna a placarsi, ormai i teli non riescono più a ripararci, siamo rimasti davvero in pochi nella piazza deserta accanto alla chiesa dal tetto aguzzo infitto nelle nubi. Ci salutiamo, ci promettiamo un arrivederci a breve, ci auguriamo a vicenda ogni bene, per quello che i nostri auguri possano valere. Si accomiata e ti  dona  una bottiglia , è propizia, dice, e col pugno chiuso come se volesse battere  nell’aria una porta immaginaria , con gesto rapido, efficace più di mille parole,  descrive le virtù portentose del suo contenuto…

domenica 24 maggio 2009

ULTIMA LETTERA AL FIGLIO, di Nazim Hikmet


Non vivere su questa terra

come un estraneo

o come un turista della natura.

 

Vivi in questo mondo

come nella casa di tuo padre:

credi al grano, alla terra, al mare

ma prima di tutto credi all'uomo.

 

Ama le nuvole, le macchine, i libri

ma prima di tutto ama l'uomo.

 

Senti la tristezza del ramo che secca dell'astro che si spegne

dell'animale ferito che rantola

ma prima di tutto

senti la tristezza e il dolore dell'uomo.

 

Ti diano gioia tutti i beni della terra: l'ombra e la luce ti diano gioia

le quattro stagioni di diano gioia

ma soprattutto, a piene mani

ti dia gioia l'uomo!

giovedì 21 maggio 2009

IN MEMORIA DI... BORSAIO, edo

Monteverde? Dipende dai punti di vista.

Se ti trovi incastrato in grovigli di strade, marciapiedi, semafori , auto in doppia o tripla fila,  vetrine ammiccanti, al fondo di uno stretto budello racchiuso da pareti di cemento ed alluminio, allora più che verde ti appare  grigio, maledettamente grigio.

Ma se ti inoltri in una delle sue stradine laterali, senza una meta precisa, allora l’animo rinviene dinanzi alle casette contornate da minuscoli giardini e palme ed alberi di limoni odorosi e macchie di buganvillea  dagli incredibili colori per questo pomeriggio domenicale a novembre inoltrato. Ti pare di essere in costiera amalfitana.

“Di dove sono io? Sono di Cava dei Tirreni  - ci informa  Mario,  appena conosciuto nel suo minuscolo laboratorio di borse.    da bambino abitavo in contrada S. , al di qua della strada nazionale, in collina, che quando mi affacciavo alla finestra potevo quasi toccare il mare”.

T’accorgi che gli occhi limpidi gli sorridono al ricordo;  non smette però di bucherellare il suo lembo di pelle e vi  infila, con gesti misurati e precisi, un lungo filo sottile che si dipana come per magia dalle sue mani veloci.

“Sono borsaio -  ci tiene a precisare -  non calzolaio, è diverso”. Eppure l’intenso odore di pelle conciata che pervade la bottega è lo stesso che ti stordiva quando ,  bambino,  andavi a  ritirare le scarpe riparate da mastro Salvatore,  il viso grinzoso , la testa canuta , col martello rapido e le ginocchia strette a trattenere la forma , il lungo untuoso grembiule di pelle che tutto lo fasciava.

“Ho iniziato al nord, in fabbrica; poi me ne sono venuto a Roma dove ho continuato per conto mio; i migliori negozi di via Condotti esponevano in vetrina le borse che io creavo, senza alcuna macchina, solo con le mani. Cos’altro potrei fare alla mia età ? Oggi la gente rincorre guadagni facili e s’improvvisa un mestiere. Io no , io so fare solo questo e non cambierò per null’altro”.

Se ti mostri interessato alle tante borse esposte ,  ne accarezzi le forme,  ne saggi  l’odore, ne immagini la funzione, allora lui con discrezione, sottovoce te ne descrive i pregi, te ne svela la storia, insomma te le presenta ad una ad una come se fossero persone care.

“Lei ha un cavallo?” - ti interroga a tradimento-  e non lo fa per celia, ma per spiegarti che quella borsa che ha attirato la tua curiosità ( due ampie tasche unite da una robusta tracolla) , gli è stata commissionata per un cavallo, sì per un cavallo, ma che gli è venuta piccola, perché gli è mancata la pelle , e così andrebbe bene anche per un ciuco, purché magro;  questa volta t’accorgi che si diverte ad ironizzare perfino su se stesso.


 

“Da ragazzo ci divertivamo a fabbricare i finimenti e le bardature per  cavalli e li facevamo sempre più eleganti. Una volta acconciammo un cavallo in modo davvero vistoso, con un alto pennacchio ritto sulla testa e ci dirigemmo verso Salerno per farlo sfilare sul lungomare; ma arrivati all’altezza della casa del dazio ci fermarono le guardie e ci fecero dieci lire di multa, perché  - dissero- il cavallo con quel pennacchio non poteva abbassare la testa e soffriva. Insomma ci multarono per maltrattamento animale.

Oggi le cose sono cambiate,  vedete questa - e ci indica una foto in una cornice di pelle, tu pensi voglia mostrarti la cornice finemente lavorata, ma lui si riferisce alla foto che ritrae una belloccia in short e  giubbino di pelle,  a cavalcioni di una poderosa moto-  “Quando ho preparato il vestito per questa” – aggiunge- “qui davanti si radunò una folla così” e raggruppa le dita di entrambe le mani con le palme rivolte al cielo.

“Non stento a crederlo” – penso ,  scrutando meglio la belloccia; Mario spegne subito ogni entusiasmo quando precisa che della moto parla,  e dei finimenti,  e delle borse ai lati della sella , e del coprimanubrio,  tutti rigorosamente in pelle; insomma la belloccia aveva vinto con quella moto così adornata ben due premi ad un raduno in Francia .

Ti rincresce lasciarlo, ma devi  proprio andare, ma verrai a trovarlo di nuovo,  prometti prima di uscire.

“mi farà molto piacere”-  sorride Mario – “ ma se trovate la porta chiusa perchè sono in giro per commissioni, non mi aspettate”.  Solo allora ti accorgi dell’avviso ( in pelle) affisso sulla porta: NON TORNO PRESTO.

“Questo l’ho messo quella volta che mi sono assentato e quando sono tornato mi ha accolto infuriato un mio cliente che è generale in pensione e mi ha fatto un cicchettone. Io gli ho risposto per le rime, sapete;  gli ho detto,  caro signore, io il militare l’ho fatto tanto tempo fa. Il giorno dopo lui si è scusato, ed anch’io mi sono scusato;  ma da quella volta ho cambiato il cartello sulla porta, così quando manco nessuno è autorizzato ad aspettare”.

Insomma nè grigio, né verde questo monte tanto caro a Pasolini; ma multicolore, come l’arcobaleno di emozioni che Mario, borsaio di Cava,  ti ha ispirato in questo pomeriggio domenicale di novembre inoltrato.

lunedì 11 maggio 2009

OLIVO GRECO, Daniela

CAREZZATI DAI MARI, OLIVI ALTI DI OMBRA,

SI PREPARANO AD OFFRIRNE ANCHE A QUELLUOMO CHE,

IN SOLITUDINE,

SCRIVEREBBE INTERMINABILI PAGINE SUL SUO QUADERNACCIO.

PIRATA DEI SUOI STESSI SOGNI,

DOVE LA SEDUZIONE DELL’OLIVATO AVANZA OLTRE LA PROFUMOSA LINEA DEI

SENTORI MARINI,

L’ UOMO AMMALIATO DALL’ESTIVO FIORE APPRODA.


Da IL QUADRO CHE GIRA/ Tre Voci