Ti rifiutasti di spiccare il volo, intimorita da quella folla orante, ciarliera, tanto edificata dalla tua presenza, tu inerme. Ti avevamo riscattato per farti recitare la Pace, avresti dovuto librarti in volo sopra di noi ad ali spiegate, a proteggerci, a consolarci. Tu non volesti saperne, restasti immobile nella gabbia dalla porta spalancata sul cielo. Solo quando insistemmo con gesti bruschi per spingerti a volare , riottosa, esitante ti andasti a posare sul ramo più basso dell’albero vicino. Li rimanesti impietrita anche dopo che ce ne andammo tutti , facile preda del primo rapace di passaggio. Forse fu un segno di ciò che sarebbe accaduto qualche mese dopo quando infuriò per davvero la guerra che allora ancora covava, laggiù nel deserto, in quel paese dal nome misterioso e solenne me-so-po-ta-mia, come compitavamo da bambini nei lunghi grembiuli neri.
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