"Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce" ☺ B. Pascal ☺

Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce
☺ B. Pascal ☺

venerdì 27 marzo 2009

FLODIGARRY 57°40’ lat. NORD, Edo

I capelli un tempo rossi, con gli anni sono diventati di un colore indefinito, non bianchi né grigi, ma di un giallino sbiadito, come stoppa. Gli occhi piccoli , due strette fessure ai lati del naso, la cosa più appariscente del viso. Un crepitare di sillabe arrotate come ruote di carro su selciato sconnesso, scoppi di risa sonore ad ogni battuta, come fucilate. Una profonda, appassionata, religiosa venerazione per l’ambiente naturale e per “mother Scotland” . Ecco chi è Bryan, solitario ostellero di flodigarry, estremo lembo di costa a nord dell’isola di Skye. Ci accoglie, ci coccola, si svela, nell’incerta, cinerea luce di questo interminabile tramonto dilagante nella chiara notte.

Narra di un antico amore smarrito nelle ombre del male oscuro,  narra di un nuovo amore al di là dell’oceano, quello che senti frangersi sulle rocce nere della baia. Narra di quando lei s’infuriava se lui  dava il benvenuto all’inverno mentre il sole incrociava il solstizio d’estate. Lei diceva che solo un pazzo poteva scambiare le stagioni, ma lui pazzo non era , almeno non in senso astronomico, forse pazzo di lei questo si, ma lei ormai aveva sbarrato ogni porta e la pena per la sua assenza gli martoriava il cuore. Sono andato su google heart e t’ho visto bryan,o almeno così m’è parso.  Eri sul prato di fianco alla casa, a recuperare i panni asciugati al vento dell’oceano, come prodiero che agita le braccia forsennatamente per non farsi sfuggire le vele.. 

mercoledì 25 marzo 2009

LA PIZZA, ORO DI NAPOLI di Giuseppe Marotta


Ah la pizza. E' dolce, è amara, è lunga, è breve, è antica, è nuova, è sicura, è imprevedibile, è pane, è companatico, è superlativamente buona: è la "pizza". Mi piace questo cibo dei poveri, commovente e pieno di simboli come l'ostia. Alla "pizza" potete confidare, mentre la mangiate, qualsiasi cosa; quanto dovete d'affitto perché avete perduto l'impiego, chi avete attirato in un vostro piccolo imbroglio o in che imbroglio siete caduto; tutto potete dirle, tutto. Nessun alimento vi fa compagnia come la "pizza"; è una luna nel piatto, per profonda che sia la notte del vostro appetito potrete sempre, su una "pizza", orientarvi e riprendere il cammino. Di farina, di acqua , di strutto, di pomodoro, di mozzarella e di calore si compone la "pizza": badate, non solo il calore del forno che la stria di lievi bruciature, bensì il calore umano delle dita di chi la prepara. Il "pizzaiuolo" dietro il banco, con che arte e con che amore appiattisce e stende il cubo di pasta: sono piccoli colpi, ora larghi e molli, ora aguzzi e penetranti, delle mani piccole e intelligenti come quelle degli ostretici; poi la candida piattaforma è pronta a ricevere il condimento: il "pizzaiuolo" la picchietta di strutto, vi sparge i triangoletti di mozzarella e un pizzico di formaggio, vi spruzza la salsa e dice: "andiamo con la pala; pronti, andiamo."

Qualche minuto trascorre, infine la "pizza" è nata, trasalisce ancora come nel forno mentre me la depongono davanti sul marmo del tavolino…

Giuseppe marotta

lunedì 16 marzo 2009

COLOMBA, Edo


Ti rifiutasti di spiccare il volo, intimorita da quella folla orante, ciarliera, tanto edificata dalla tua presenza, tu inerme. Ti avevamo riscattato per farti recitare la Pace, avresti dovuto librarti in volo sopra di noi ad ali spiegate, a proteggerci, a consolarci. Tu non volesti saperne, restasti immobile nella gabbia dalla porta spalancata sul cielo. Solo quando insistemmo con gesti bruschi per spingerti a volare , riottosa, esitante  ti andasti a posare sul ramo più basso dell’albero vicino. Li rimanesti impietrita anche dopo che ce ne andammo tutti , facile preda del primo rapace di passaggio. Forse fu un segno di ciò che sarebbe accaduto qualche mese dopo quando infuriò per davvero la guerra che allora ancora covava, laggiù nel deserto, in quel paese dal nome misterioso e solenne me-so-po-ta-mia, come compitavamo da bambini nei lunghi grembiuli neri.

mercoledì 11 marzo 2009

La ninna-nanna de la guerra, Trilussa


Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna :
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello 
Farfarello e Gujermone 
Che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe 
Che se regge co’ le zeppe,
co’ le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.
 Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili…
 Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza…
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
 Ché quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe’ li ladri de le Borse.
 Fa’ la ninna, cocco bello,
finché dura ‘sto macello:
fa’ la ninna, ché domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So’ cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
 E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe’ quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!